Negli ultimi anni nei post su Instagram, LinkedIn e Facebook è stato tutto un fiorire di emoji e font particolari. Mi riferisco a quei caratteri decorativi, “artistici”, che catturano subito l’occhio. Ammetto che alcuni sono bellissimi da vedere e in passato li ho usati anch’io “per provare la novità”, ma da quando ho cominciato ad approfondire il linguaggio inclusivo mi pongo sempre una domanda: questo testo è davvero leggibile per tutti?
Da alcuni anni, infatti, mi occupo di linguaggio semplice e accessibilità digitale, e con questo articolo voglio condividere una riflessione che ultimamente mi capita di fare spesso. Perché scegliere un font bello non significa necessariamente scegliere quello giusto.
Il problema dei font troppo elaborati
Partiamo dal concetto che un font può essere stupendo esteticamente, ma pessimo per la leggibilità. Quelli calligrafici o troppo stilizzati, con tutti quei riccioli e tratti sottili, creano spesso dei problemi. Soprattutto se si guardano dallo smartphone o si hanno difficoltà visive.
Pensate alle persone con dislessia o con altre difficoltà cognitive. Per loro, un font complesso diventa una barriera insormontabile, causa frustrazione e, di conseguenza, la perdita del messaggio.
C’è poi un altro problema tecnico che molti non considerano: per usare questi font speciali sui social, spesso bisogna usare degli appositi programmi. Gli screen reader – vale a dire quegli strumenti che aiutano le persone ipovedenti o non vedenti a navigare online – non riescono più a “leggere” il contenuto, perché non riconoscono i caratteri con cui è scritto. È come se il messaggio diventasse invisibile per una fetta importante del proprio pubblico.
Senza contare che molti font decorativi su alcuni dispositivi non esistono. Questo significa che per visualizzarli devono essere caricati come file esterni, rallentando i tempi di caricamento e penalizzando la performance del contenuto sui social e sui siti web collegati. L’algoritmo stesso delle piattaforme social premia i contenuti rapidi, immediati e facilmente leggibili. Utilizzando font difficili da caricare o che richiedono conversioni grafiche, si rischia di penalizzare la visibilità organica dei post.
Quali sono i font più accessibili?
La buona notizia è che esistono tantissimi font bellissimi e accessibili. I sans-serif (quelli senza grazie, ovvero i piccoli tratti decorativi alle estremità delle lettere) sono perfetti per il digitale: Arial, Verdana, Helvetica, Calibri. Questi font hanno linee pulite e si leggono benissimo anche su schermi piccoli.
Anche alcuni serif (con le grazie) possono funzionare: Georgia, Times New Roman, Garamond. L’importante è usarli nelle dimensioni giuste e con un buon contrasto.
Negli ultimi anni stanno spopolando font moderni come Roboto, Open Sans, Lato e Merriweather. Sono eleganti e restano leggibilissimi su qualsiasi dispositivo.
Consigli pratici (da applicare subito)
Per avere la certezza che i propri contenuti siano accessibili, ecco alcuni consigli semplici e veloci da seguire:
- Contrasto adeguato: usare sempre font con un forte contrasto rispetto allo sfondo. L’ideale è nero su bianco o viceversa, con un rapporto di almeno 4.5:1 tra testo e colore dello sfondo.
- Dimensioni giuste: non scendere mai sotto i 16px per il testo normale. Per i titoli, puntare sui 24-28px.
- Niente fronzoli: ombre, contorni e spaziature troppo strette confondono le idee e possono compromettere la chiarezza del messaggio.
- Test di leggibilità: prima di pubblicare il contenuto, provare a visualizzarlo su dispositivi diversi. Esistono anche strumenti online che simulano come lo vedrebbero persone con daltonismo o altre difficoltà visive.
Perché l’accessibilità è importante
Ogni volta che pubblichiamo qualcosa sui social, l’obiettivo è raggiungere più persone possibili con un messaggio chiaro. I font particolari possono sembrare un modo per distinguersi, ma per fare la differenza bisogna saper comunicare con tutti, senza escludere nessuno.
L’accessibilità non è solo una questione etica (anche se lo è). È anche un’opportunità concreta per allargare il proprio pubblico e rafforzare la propria autorevolezza e credibilità. Senza contare che in Italia, come in molti altri paesi, ci sono leggi precise sull’accessibilità digitale.
2 risposte
Ho una figlia fortemente disgrafica e leggere per lei è una tremenda fonte di stress e frustrazione. In molti casi, per quanto riguarda i testi soprattutto, le vengono incontro programmi di letto-scrittura, ma sui social no, questo non è così immediato. Grazie per il tuo contributo e la tua sensibilità, Maria.
P.s.: il nuovo font di Instagram fa schifo veramente è lo usano in tantissimi, andrebbe vietato per legge. Manco io capisco niente e ci ho dieci decimi in interpretazione della grafia medica.
Grazie per la tua testimonianza, Michele. Io sto provando ad adattare anche questo sito, che negli ultimi mesi ho un po’ trascurato, alle linee guida sull’accessibilità. Spesso si fa attenzione a usare un linguaggio inclusivo ma poi si cade nell’errore di tralasciare la leggibilità.
Riguardo il font di Instagram, credo sia stato eliminato, o almeno io non ce l’ho più!